Prologo
L’aria era immota. L’erba sottile, di un
verde brillante, formava un morbido tappeto costellato da miriadi di goccioline
di rugiada che luccicavano al Sole come se il prato fosse un cielo stellato. La
terra era oscurata dall’esercito dalle corazze brunite di Xaire che guidava la
guarnigione di Kena dalle armature scintillanti. Quel giorno per la prima volta
i due eserciti, così diversi tra loro, erano schierati di fronte a uno stesso
nemico. I mercenari mediorientali di Xaire, con i loro occhi leggermente a
mandorla e le spade scure dalla lama ricurva e tozza e i soldati dell’esercito regolare
di Kena, con i lunghi capelli sotto gli elmi appuntiti e gli occhi chiari,
parlavano due lingue diverse ma questo non aveva alcuna importanza dal momento
che ognuno di loro avrebbe ubbidito solo al proprio capo.
I
due sovrani stavano l’uno accanto all’altro davanti alla porta principale del
castello, Sigfrido di Kena sul suo arabo bianco e Roderigo di Xaire su uno stallone
nero, protetto da una corazza uguale a quella del suo cavaliere.
Etienne,
il Principe di Peringord, pensò alle sue donne e al suo popolo. Guardò l’esercito
schierato sulle mura della fortificazione e dietro al portone chiedendosi
quanto a lungo avrebbe resistito. Si voltò a fissare la moglie sul balcone del
mastio, con l’arco in pugno e la faretra posata alla balaustra in marmo di
fronte a lei. Zaìra e la sua guardia personale, composta tutta di giovani donne,
si erano schierate alla retroguardia dei loro uomini, armate dei lunghi archi.
Stavano pensando entrambi alla stessa cosa. Se Primrose, Principessa di
Peringord e madre di Zaìra, non avesse portato via con sé la pietra prima di
partire e di essere uccisa ad Ara, allora ‘forse’ loro avrebbero avuto una
possibilità ma in quelle circostanze di inferiorità numerica e senza essere riusciti
a chiedere aiuto a nessun sovrano dei regni vicini, Etienne non si faceva molte
illusioni sull’esito della battaglia.
Nella
torre più alta del castello, quella a pianta circolare da sempre riservata alle
donne, Neva guardava la propria immagine riflessa in un antico specchio. L’eredità
che Primrose le aveva lasciato era assai più grave di quanto lei, con tutti i
suoi anni, fosse propensa ad accettare ma sapeva di non avere mai avuto scelta.
Primrose non era stata solo la sua più grande amica ma anche una delle streghe
più potenti che fossero mai esistite e sapeva che, se aveva deciso di lasciare
la pietra a lei e non alla sua legittima erede, doveva aver avuto senz’altro
dei buoni motivi. Probabilmente aveva avuto un presagio della sventura che si
era abbattuta quel giorno su Peringord ma questo lei non
avrebbe mai potuto saperlo perché
Primrose aveva portato con sé i suoi segreti nell’altra vita.
Nascose la
pietra nel corsetto e infilò la cotta di maglia sul suo corpo di sessant’enne,
poi sciolse la crocchia e lasciò la lunga treccia grigia libera di scenderle
lungo le spalle. Mentre compiva la sua discesa svolgendosi, la treccia
cambiò,
riprendendo il colore corvino che aveva avuto tanti anni prima. La donna si
guardò nello specchio. Grazie alla sua esperienza, per quella battaglia assunse
il corpo di una trentenne. Pensò che aver evocato quella magia così
complessa
la avrebbe spossata enormemente ma in quel momento poteva attingere al potere
della pietra e niente avrebbe potuto fermarla.
Prese
una spada sottile, il suo arco e scese nella sala del trono, determinata a
combattere per il suo principe.
Vide
la bambina immobile al centro della sala e le sfiorò una spalla, indicandole in
silenzio la parete dietro al trono. La guardò scomparire dietro l’arazzo e si
chiese se lei l’avesse riconosciuta. Non pensava che qualcuno avrebbe potuto
collegare la donna anziana e saggia con la giovane guerriera in cui era stata
tramutata per assolvere il suo compito in quella giornata così delicata per
Peringord.
Sigfrido
e Roderigo si scambiarono uno sguardo di intesa poi si separarono portandosi
ognuno alla testa del proprio schieramento.
Roderigo
di Xaire alzò la spada e la abbassò con un lento movimento del braccio mentre i
suoi neri mercenari prorompevano in un terrificante urlo di battaglia,
lanciandosi all’attacco del castello di Peringord.
Parte Prima
Capitolo Uno
Il cielo oltre le montagne a oriente cominciava a tingersi
di rosa e la vallata era ancora immersa nella quieta oscurità della notte che
celava agli occhi degli uomini i segni degli atroci delitti che vi erano stati
commessi.
Le
porte vennero aperte da soldati intirizziti che attendevano solo il cambio della
guardia. Presto il castello si sarebbe destato con il suo coro di lamentele e
imprecazioni. Una ragazzina d’una decina d’anni, con lunghi capelli biondi come
il grano maturo, stava attraversando la bassa corte del castello. I suoi piedi
scalzi non producevano alcun rumore sulla strada lastricata e i suoi grandi
occhi…
decisamente mi intriga!
RispondiElimina