venerdì 17 febbraio 2012

Incipit "Strega"


Prologo
L’aria era immota. L’erba sottile, di un verde brillante, formava un morbido tappeto costellato da miriadi di goccioline di rugiada che luccicavano al Sole come se il prato fosse un cielo stellato. La terra era oscurata dall’esercito dalle corazze brunite di Xaire che guidava la guarnigione di Kena dalle armature scintillanti. Quel giorno per la prima volta i due eserciti, così diversi tra loro, erano schierati di fronte a uno stesso nemico. I mercenari mediorientali di Xaire, con i loro occhi leggermente a mandorla e le spade scure dalla lama ricurva e tozza e i soldati dell’esercito regolare di Kena, con i lunghi capelli sotto gli elmi appuntiti e gli occhi chiari, parlavano due lingue diverse ma questo non aveva alcuna importanza dal momento che ognuno di loro avrebbe ubbidito solo al proprio capo.
I due sovrani stavano l’uno accanto all’altro davanti alla porta principale del castello, Sigfrido di Kena sul suo arabo bianco e Roderigo di Xaire su uno stallone nero, protetto da una corazza uguale a quella del suo cavaliere.

Etienne, il Principe di Peringord, pensò alle sue donne e al suo popolo. Guardò l’esercito schierato sulle mura della fortificazione e dietro al portone chiedendosi quanto a lungo avrebbe resistito. Si voltò a fissare la moglie sul balcone del mastio, con l’arco in pugno e la faretra posata alla balaustra in marmo di fronte a lei. Zaìra e la sua guardia personale, composta tutta di giovani donne, si erano schierate alla retroguardia dei loro uomini, armate dei lunghi archi. Stavano pensando entrambi alla stessa cosa. Se Primrose, Principessa di Peringord e madre di Zaìra, non avesse portato via con sé la pietra prima di partire e di essere uccisa ad Ara, allora ‘forse’ loro avrebbero avuto una possibilità ma in quelle circostanze di inferiorità numerica e senza essere riusciti a chiedere aiuto a nessun sovrano dei regni vicini, Etienne non si faceva molte illusioni sull’esito della battaglia.

Nella torre più alta del castello, quella a pianta circolare da sempre riservata alle donne, Neva guardava la propria immagine riflessa in un antico specchio. L’eredità che Primrose le aveva lasciato era assai più grave di quanto lei, con tutti i suoi anni, fosse propensa ad accettare ma sapeva di non avere mai avuto scelta. Primrose non era stata solo la sua più grande amica ma anche una delle streghe più potenti che fossero mai esistite e sapeva che, se aveva deciso di lasciare la pietra a lei e non alla sua legittima erede, doveva aver avuto senz’altro dei buoni motivi. Probabilmente aveva avuto un presagio della sventura che si era abbattuta quel giorno su Peringord ma questo lei non
avrebbe mai potuto saperlo perché Primrose aveva portato con sé i suoi segreti nell’altra vita.
Nascose la pietra nel corsetto e infilò la cotta di maglia sul suo corpo di sessant’enne, poi sciolse la crocchia e lasciò la lunga treccia grigia libera di scenderle lungo le spalle. Mentre compiva la sua discesa svolgendosi, la treccia
cambiò, riprendendo il colore corvino che aveva avuto tanti anni prima. La donna si guardò nello specchio. Grazie alla sua esperienza, per quella battaglia assunse il corpo di una trentenne. Pensò che aver evocato quella magia così
complessa la avrebbe spossata enormemente ma in quel momento poteva attingere al potere della pietra e niente avrebbe potuto fermarla.
Prese una spada sottile, il suo arco e scese nella sala del trono, determinata a combattere per il suo principe.
Vide la bambina immobile al centro della sala e le sfiorò una spalla, indicandole in silenzio la parete dietro al trono. La guardò scomparire dietro l’arazzo e si chiese se lei l’avesse riconosciuta. Non pensava che qualcuno avrebbe potuto collegare la donna anziana e saggia con la giovane guerriera in cui era stata tramutata per assolvere il suo compito in quella giornata così delicata per Peringord.

Sigfrido e Roderigo si scambiarono uno sguardo di intesa poi si separarono portandosi ognuno alla testa del proprio schieramento.
Roderigo di Xaire alzò la spada e la abbassò con un lento movimento del braccio mentre i suoi neri mercenari prorompevano in un terrificante urlo di battaglia, lanciandosi all’attacco del castello di Peringord.

Parte Prima
Capitolo Uno
Il cielo oltre le montagne a oriente cominciava a tingersi di rosa e la vallata era ancora immersa nella quieta oscurità della notte che celava agli occhi degli uomini i segni degli atroci delitti che vi erano stati commessi.
Le porte vennero aperte da soldati intirizziti che attendevano solo il cambio della guardia. Presto il castello si sarebbe destato con il suo coro di lamentele e imprecazioni. Una ragazzina d’una decina d’anni, con lunghi capelli biondi come il grano maturo, stava attraversando la bassa corte del castello. I suoi piedi scalzi non producevano alcun rumore sulla strada lastricata e i suoi grandi occhi…

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